Associazione Culturale Mariangela Virgili
L'epoca romana
E' risaputa la fine di Vejo ( 396 a.C.) e di conseguenza quella di
Nepi e di Sutri (386 a.C.) e più tardi quella di Falerii Veteres e Capena. E
proprio a Sutri si decisero le sorti di tutta l'Etruria meridionale e
centrale con l'ardimentoso fatto dell'attraversamento della Selva Cimina
operata dal Console Quinto Fabio Massimo Rulliano nel 310 a.C. , quando
Sutri divenuta colonia latina fu assediata dagli etruschi accorsi da ogni
parte. Fu nella direzione della via Cimina che avvenne la penetrazione nel
cuore dell'Etruria e si concluse con la battaglia di Perugia. Sutri fu
aggirato e lasciato momentaneamente, ma l'Etruria Centrale sguarnita di truppe
dovette soccombere. E invano le coalizioni tra Galli, Sanniti, Umbri
ed Etruschi tentò di abbattere i Romani, che ancora una volta con una
furiosa devastazione
dell'Etruria riuscirono ad imporsi contro tutti (295 a.C.). Ormai
la Selva Cimina non era più un incubo per i Romani e nelle sue strade
furono decise ancora le mortali perdite della Etruria. Sutri divenne il
caposaldo strategico di tutta la zona e il suo territorio fu potenziato dai
conquistatori romani con fortificazioni, nuove strade, tra cui la Cassia,
che da allora sarebbe diventata l'arteria più importante a nord di Roma. I
romani infatti sconvolsero l'antico sistema viario etrusco, ma non per
distruggerlo, anzi lo potenziarono, collegandolo meglio con Roma e con gli
altri centri; e Sutri fu uno dei principali nodi di collegamento. Con il
nuovo ordinamento viario romano pure il territorio di Ronciglione risultò
potenziato, anche se la via Cimina fu rimpiazzata dalla via Cassia, perchè
quella ebbe un nuovo tracciato nella zona a nord del Lago di Vico con la
costruzione di un centro fortificato nel crinale di cui non si conosce il
nome, e che aòlcuni chiamano semplicemente Forum Cimini, ma con un certo
riserbo. I resti di un grandioso acquedotto romano, che ha due capisaldi
con vasche di decantazione, le une in località detta " i
Condutti" sulla via Cimina verso Viterbo al Km.17, le altre a Poggio
Cavaliere, dicono chiaro che siamo in presenza di un luogo abitato, che poi
non doveva essere molto piccolo, data la capacità di portata dello stesso.
Pochi anni fa, nel fare il nuovo deposito dell'acquedotto comunale,
fu trovato uno scheletro intero di un uomo molto alto e con il cranio
sfondato in fronte da una mazza di ferro. Non è stato possibile farlo
studiare da competenti, perché fu tanta la curiosità di un ininterrotto
andirivieni di ragazzotti in poche ore fece sparire anche il più piccolo
osso. Gli apporti della civiltà romana si accrescono qui ancora dall'opera
grandiosa del cunicolo sotterraneo dell'emissario del Lago di Vico, scavato
per quasi un chilometro, ad una profondità progressiva fino a raggiungere
qualche metro nella roccia di sbocco all'inizio del vallone di Rio Vicano.
Potrebbe anche essere opera etrusca e tutto lo potrebbe far supporre, ma da
parte mia inclino di più a ritenerla opera romana, proprio per la
sistemazione definitiva e d'impianto grandioso che ho detto. Insomma una
imponente sistemazione urbanologica di tutta la zona comprendente strade,
acquedotto, centro abitato e regolazione delle acque debordanti dl Lago di
Vico con l'incrocio del diverticolo di raccordo tra la Cimina gia esistente
, ma ristrutturata e la nuova via Cassia all'altezza di Vico Matrino. In
questa zona esistono pure resti di ville romane e ai primi anni di questo
secolo vi furono ritrovati anche mosaici che dettero il nome al fontanile
che era sulla strada di Piazza Vascella, chiamato cosi la Fontana dei
Tatocci, perché essi raffiguravano figure umane.
Anche le altre aree etrusche gia indicate, benché meno ricche,
hanno aggiunte romane; meno quella di Pian del Fico. Scendendo più in
basso, quella all'altezza di Ronciglione centro, in epoca romana risulta
spostata nell'area comprendente La Torretta, Santo Paolo Pisciarella. In
tale zona vi sono resti di ville romane vicino al campo sportivo e sopra la
Fontana di Pisciarella verso il ponte ferroviario in muratura. Pure di
questi resti e di altri sparsi altrove non sono stati fatti studi
particolari. Sopratutto non si sa se anche qui esisteva qualche nucleo
abitato e di quale consistenza e con quale tipo di abitanti e di quale
epoca romana. Meno ardua è la ricognizione dell'area di S. Eusebio dove la
sopraposizione romana risulta di taglio agricolo. Non ci sono reperti
archeologici particolari se non di tipo funerario: un cippo di travertino
che ricorda un nepesino, un certo Sulpicio Clemente, sovrintendente alle
tasse; il sarcofago fuori dalla chiesa di S. Eusebio di Claudia Longina in
nenfro; il fondo di sarcofago che fa da soglia alla porta d'ingresso
di S. Eusebio; un altro a casa Campi (ma non originario del luogo);
l'altare cippo di Diana che ora fa da base alla croce all'inizio della
stradella di S. Eusebio. La serie si conclude con il mausoleo di
Eusebio, illustrato dalla lapide originaria del luogo e che si conserva
alla Pace, con chiaro riferimento però al secolo IV° d.C. e quindi in
periodo tardo. Qualche anno fa fu pure ritrovata una tomba coperta a
tegoloni con ossa umane, ma che non mi è stata fatta vedere e quindi non
saprei come classificarla, in località Area Vecchia.
A quanto sopra elencato si devono aggiungere cimeli di varia
provenienza, ed eccetto uno, quello di S. Angelo, nemmeno se ne conosce il
luogo e l'epoca del ritrovamento. Sono gruppi di Cippi funerari di Nefro:
Cippo di S. angelo, ora della Provvidenza, ritrovato nel casale di
S. Angelo
Cippo ora delle Maestre Pie di provenienza ed epoca non
accertata
Cippo della Santa Croce di Severo, a cui serviva da base: aveva una
iscrizione ed è stato utilizzato per coprire delle grosse buche
causate dal bombardamento del 5 giugno del 1944
Sargofago detto delle tre Cannelle perché utilizzato per molto
tempo a Borgo di Sotto come vasca di fontana pubblica con tre getti
d'acqua.
Tutto questo dice quanto poco sia stato fatto per la nostra zona. E
se vi aggiungiamo tutte le devastazioni e i massacri operati lungo tanti
secoli e da ultimo tutti i trafugamenti più o meno clandestini, si avrà
un'idea esatta di quello che poteva essere, per ricchezza e per quantità il
nostro territorio antico.
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